Card. Burke: Beata Vergine Maria tra sofferenza terrena e gloria celeste

Celebrando il mese di maggio, dedicato in modo particolare alla devozione alla Madonna, ed il Tempo Pasquale, propongo una riflessione sul rapporto tra la sofferenza terrena e la gloria celeste nella vita della Beata Vergine Maria. Spero che la riflessione non soltanto ci illumini circa il mistero delle sofferenze della Madonna, simboleggiate nel suo Cuore Immacolato e Addolorato, ma anche ci rechi un aiuto importante per la nostra vita quotidiana nella fede.
Trattando del rapporto della Beata Vergine Maria e la Chiesa, il Concilio Ecumenico Vaticano II, ci ha ricordato: «Maria, infatti, che è entrata intimamente nella storia della salvezza, riunisce in sé in qualche modo e riverbera i massimi dati della fede; così quando la si predica o si onora, ella chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre. A sua volta la Chiesa, mentre persegue la gloria di Cristo, diventa più simile al suo così alto modello (typus), progredendo continuamente nella fede, nella speranza e nella carità e in ogni cosa cercando e seguendo la divina volontà».
Una presenza viva
Guardando alla Madonna Assunta al Cielo, contempliamo quello che tutti noi siamo chiamati ad essere in futuro ma, allo stesso tempo, vediamo più chiaramente la via per arrivare al nostro destino eterno. Guardando a Lei sofferente ai piedi della croce, vediamo la situazione nostra, nel presente, in questa vita che la Chiesa non esita a definire «questa valle di lacrime», nell’antifona mariana Salve Regina. Nonostante sprazzi più o meno ampi di luce e di serenità, il nostro cammino si svolge tra le trappole del mondo, le spine della carne, le insidie di Satana e le sue schiere. Da qui il detto del santo Giobbe: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?» (Gb 7, 1).
Vi è, però, una misteriosa relazione tra le sofferenze del tempo presente e la gloria futura riservata ai giusti, che supera ogni umana proporzione. San Paolo dichiara: «Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rom 8,18). Vediamo la verità di questo mistero della sofferenza nella vita di Maria, la Madre della Chiesa, che ci accompagna nel nostro cammino verso quella gloria che già rifulge in Lei per la sua Assunzione al Cielo. Non si tratta solo di un esempio astratto, ma di una presenza viva, operante, nell’anima di ogni fedele.
Cristo ha meritato per Maria la prima grazia, quella dell’Immacolata Concezione. Il beato Pio IX, proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione, ha dichiarato che «la beatissima vergine Maria nel primo instante della sua concezione, per una grazia e un privilegio singolare di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale». Ma con quella prima grazia, collaborando con essa, Maria si è pienamente associata alla redenzione liberativa del genere umano, compiuta unicamente da Gesù Cristo, Figlio di Dio e suo Figlio. Papa San Pio X, nella Lettera enciclica Ad diem illum, ha dichiarato: «Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo, ed è stata associata dal Cristo nell’opera di redenzione, ella ci procura “de congruo”, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato “de condigno” ed è la suprema dispensatrice di grazie».
Da questo principio, così chiaramente illustrato da san Pio X, i francescani hanno sviluppato l’ardita teoria del merito de condigno relativo, magistralmente illustrata da padre Pier Damiano Fehlner nelle sue numerose pubblicazioni mariologiche. La predetta teoria, come spiega padre Fehlner, acquista plausibilità e bellezza solo all’interno della particolare soteriologia del beato Giovanni Duns Scotus.
Dal merito sulla terra, però, san Pio X, citando la Lettera agli Ebrei e la Bolla Ineffabilis Deus, passa subito alle sue conseguenze nella vita ultra terrena: «Gesù ‘siede alla destra della Maestà divina nell’alto dei cieli’ (Eb 1, 3); Maria siede regina alla destra di suo Figlio, ‘rifugio cosi securo e ausilio così fedele in tutti i pericoli, che non si deve temere nulla né disperare sotto la sua guida, i suoi auspici, la sua protezione e la sua benevolenza’».
Assunta in Cielo, Regina e Mediatrice, la Beata Vergine Maria partecipa, in virtù della sua maternità divina, all’unica opera redentrice di Cristo, Figlio di Dio e suo Figlio.
Ma san Pio X non è l’unico Pontefice ad insegnare questa luminosa dottrina. Tra i tanti testi possibili, voglio ricordare solo quello, davvero molto importante, di Benedetto XV: «La Vergine Maria soffrì e quasi morì con il Figlio suo sofferente e morente rinunciò così, per la salvezza degli uomini ai suoi diritti materni su questo Figlio, e lo immolò per placare la divina giustizia, sicché si può dire, a ragione, che ella abbia redento con Cristo il genere umano. Evidentemente per questa ragione tutte le diverse grazie del tesoro della redenzione vengono anche distribuite attraverso le mani dell’Addolorata…».
Anche qui si vedono i due aspetti della redenzione: in atto primo, ossia il merito della sua vita terrena, e in atto secondo, ossia la fase celeste della vita di Maria, in cui Ella applica a tutti gli uomini le grazie acquisite durante la sua vita terrena, sempre, come deve essere ovvio, in Cristo, con Cristo e per Cristo.
La grazia, dono gratuito
Quanto al merito in ordine alla propria glorificazione, dopo san Tommaso e san Bonaventura, la sentenza dei teologi è unanime: la persona che coopera con la grazia merita, in virtù di quella grazia, la propria glorificazione. Si tratta, in questo caso, di merito de condigno, perché il principio del merito è la grazia divina, ma de condigno relativo, perché il principio della grazia è senza merito da parte del soggetto, essendo la grazia dono gratuito di Dio, secondo il significato stesso della parola, per i meriti di Cristo. San Tommaso scrive a proposito una pagina della Summa Theologiae di solare dottrina, che vale la pena di rileggere: «Ciò che è reso secondo un giusto giudizio, sembra essere una giusta ricompensa [condigna].
Ma la vita eterna è resa da Dio secondo un giudizio di giustizia, come è detto nella seconda lettera a Timoteo, cap. IV: ‘Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno’. Perciò l’uomo merita la vita eterna per giustizia [ex condigno]. […] L’opera meritoria dell’uomo […] procede dalla grazia dello Spirito Santo […] Così il valore del merito è dato dalla virtù dello Spirito Santo che ci spinge verso la vita eterna. […] Il valore dell’opera, in questo modo, è dato dalla dignità della grazia, per la quale l’uomo diviene consorte della divina natura, figlio adottivo di Dio, al quale è dovuta l’eredità per il diritto stesso dell’adozione: “Se sei figlio, dunque sei erede…”».
Secondo il principio appena illustrato, che si applica a tutti, la Vergine Maria ha meritato la sua gloria.
Offro questa riflessione non per pura scienza teologica, ma per «rendere ragione della speranza che è in noi» (1 Pt 3, 15). Come san Bernardo ci insegna, Maria Assunta al Cielo è tutta la ragione della nostra speranza. Preghiamo per l’intercessione di Maria Immacolata ed Assunta, specialmente durante il suo mese di maggio, perché otteniamo dal suo Figlio Divino tutta la grazia di cui abbiamo bisogno per compiere tutto quello che Egli ci comanda (cfr. Gv 2, 5).
Questo testo del Card. Raymond Leo Burke è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it