Calabria in difesa della fede

Tra il VII ed il IX secolo d.C. l’Italia meridionale è scossa da continue invasioni saracene. Vari furono, allora, gli interventi di fortificazione, volti a proteggere i centri abitati da questa minaccia. Venne edificato forse in questo periodo il castello Morgezio, i cui resti sono ancora visitabili in località San Giorgio Morgeto, Reggio Calabria. Dalle sue torri era ben visibile il territorio circostante, dalla piana di Gioia Tauro a Capo Vaticano. Ricostruito e ampliato nell’XI secolo, in età normanna, sotto Ruggero d’Altavilla, ed anche in epoche successive, esso fu ridotto ad un rudere dal terremoto, che nel 1783 colpì questa regione. Di recente, è stato sottoposto ad un lavoro di restauro e di consolidamento della struttura muraria.
Poco distante, si trovano altri due poli fra i più importanti della linea difensiva affacciata sullo Stretto di Messina: il castello di Amendolea e quello di San Niceto. Il primo è stato eretto in vicinanza dell’omonimo torrente, nei pressi di Condofuri, città di epoca bizantina, sempre in provincia reggina. Anch’esso venne fondato nel periodo della dominazione normanna e se ne ha una prima attestazione in un diploma, scritto in lingua greca, dell’XI secolo, in cui si definiscono i confini tra il feudo di Amendolea e quello di Bova.
Quanto al castello di San Niceto, esso proteggeva il borgo di Motta San Giovanni, a sud di Reggio Calabria. Sono stati rinvenuti, all’interno delle mura, anche un edificio adibito al culto e un’area funeraria. Il fatto che vi siano stati inumati pochi cadaveri fa ritenere che fosse un terreno riservato alla corte o che fosse, comunque, un cimitero di fruizione elitaria. Esso fu in uso dalla Guerra del Vespro (1282) fino al tramonto del regno di Roberto d’Angiò (1343).
Sembra che vari personaggi illustri ed alcune autorità religiose di questo periodo siano passati da questo castello. Numerosissimi sembrano essere stati gli spazi adibiti al culto e gli insediamenti monastici anche in prossimità delle mura: quattro chiese, ai piedi del cono roccioso, sul quale fu eretta la struttura, cui ne vanno sommate almeno altre tredici nei paraggi. Ancora non è certo il motivo per cui tale centro venne abbandonato, né la data in cui ciò avvenne.
All’XI secolo, nello specifico al regno di Roberto il Guiscardo, va ricondotta la costruzione di un suggestivo esempio di architettura federiciana, il Castrum Petrae Roseti, presso il borgo di Roseto Capo Spulico (Cosenza). Edificato sui resti di un luogo di culto pagano, esso divenne, fra l’altro, un castello templare. Sembra che la sua pianta fosse stata desunta da quella del tempio di Gerusalemme e che proprio qui fossero conservate la Sacra Sindone e le Sacre Bende, negli anni in cui se ne persero le tracce.
Dello stesso periodo è il castello Carafa presso il borgo di Santa Severina (Crotone), un centro di natura prettamente militare. Esso venne eretto sulla struttura di un kàstron bizantino, ma i Normanni offuscarono la memoria di quel tempo, restituita solo in parte, grazie ai recenti restauri.
Fra la fine del IX e gli inizi del X secolo, Santa Severina fu sede episcopale. Non a caso. Infatti, si tramanda, in merito, di un uomo, non lontano dal borgo, che vendette l’anima al diavolo, purché questi trasportasse e lavorasse un legno di pino, di dimensioni enormi, proveniente dalla Sila. Si riteneva che il castello di Santa Severina fosse soggetto al potere demoniaco, nel tempo volatilizzatosi e ridotto ad un nulla, proprio grazie alla provvidenziale presenza, di fronte alla struttura, del palazzo arcivescovile.
Da ricordare, infine, il maniero di Squillace (Catanzaro): già avamposto bizantino e fortificazione musulmana, esso vide il passaggio di varie dinastie, fra le quali quella dei Borgia. Sotto il governo borbonico, divenne un carcere: vi fu rinchiuso anche il domenicano Tommaso Campanella, in attesa del processo per favoreggiamento alla rivolta spagnola.
Attorno al XIII secolo, i conti d’Aquino giunsero presso il feudo di Belcastro, in provincia di Catanzaro. Belcastro fu sede di un vescovado bizantino, prima che si desse posto all’erezione del castrum in stile normanno, a controllo della strada fra la contea di Catanzaro e quella di Crotone. Si tratta della residenza natale del noto filosofo e teologo san Tommaso, una cui scultura si staglia dalle rovine.
Belcastro è poco distante da Le Castella, in provincia di Crotone: in questo centro, compreso nella Riserva marina di Capo Rizzuto, si trova un castello aragonese del XV secolo, anch’esso costruito su ruderi di origine magno-greca e, in parte, romana. Esso è collocato su di un isolotto raggiungibile, nei periodi di bassa marea, grazie ad una sottile lingua di terra. Ancora visibili sono i resti della cappella del borgo, anch’essa costruita sotto gli Aragona: era il solo luogo di culto per i soldati e per le loro famiglie. A Crotone, è possibile visitare anche ciò che resta del castello di Carlo V, nell’area dell’antica Acropoli: esso fu in parte smantellato a seguito dei crolli dovuti ai terremoti frequenti e perse, con il tempo, la propria importanza a livello strategico-militare.
Questo testo di Rino Zabiaffi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it