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Biden, l’Aborto, l’Eucarestia e l’Ipocrisia dei Consiglieri del Pontefice

Pensieri e Voce16 Giugno 2021
Testo dell'audio

Joe Biden nei primi mesi della sua attività di presidente degli Stati uniti d’America ha messo in atto tutta una serie di misure – accompagnate da dichiarazioni egualmente esplicite – a favore dell’aborto, della sua diffusione non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. Joe Biden si dichiara – o almeno così lo descrivono i suoi press agent – un devoto cattolico. Un cattolico, devoto o meno, può avvicinarsi all’eucarestia, se promuove attivamente quello che appare come uno dei crimini più efferati, l’uccisione di un bambino nel grembo della madre? Biden sostiene personalmente di essere contro l’aborto; ma che cosa importa quello che pensa “personalmente”, se poi pubblicamente si dà da fare in maniera senza precedenti a favore, e capovolge tutte le misure prese a favore della vita dal suo predecessore?

I vescovi USA discuteranno del problema dell’eucarestia, e dell’aborto, e dei cattolici che vogliono l’una e l’altro come se non ci fosse contraddizione. Se dalla discussione uscisse una presa di posizione forte, logica e ferma, personaggi di primo piano come Joe Biden e la speaker della Camera, Nancy Pelosi, forsennatamente pro-aborto e che si definisce cattolica, potrebbero trovarsi in grave difficoltà. Il New York Times, l’house-organ dei democratici, in un articolo di qualche giorno fa ha scritto che la Santa Sede avrebbe ammonito i vescovi statunitensi a frenare  su questo tema. Non ci sono conferme, ma il quotidiano newyorchese ha sentito il direttore di Civiltà Cattolica, il  pro-dem (in Italia e in USA) gesuita Antonio Spadaro, secondo cui ”La preoccupazione in Vaticano è di non usare l’accesso all’Eucarestia come arma politica”. Il New York Times spiega che Antonio Spadaro,  è “molto vicino al pontefice”; in realtà Spadaro è uno degli spin doctors della comunicazione vaticana, e uno dei consigliori del Pontefice regnante.

Cioè, in pratica, la Santa Sede – secondo il New York Times, consiglierebbe ai vescovi di non seguire logica, coerenza e dottrina. Sbalordisce – ma non più di tanto, per chi conosce il livello di ipocrisia che alligna fra i chierici, e fra i chierici politicanti soprattutto, che non si dica una parola della vera strumentalizzazione: quella di chi, per avere voti e preferenze, si dichiara cattolico, salvo poi comportarsi in maniera totalmente opposta, stabilmente, continuativamente e pubblicamente contro ciò che la Chiesa insegna e predica, in un campo di estrema gravità come l’aborto.

L’inflazionata e pretestuosa accusa dell’uso dell’Eucaristia come “arma politica” è stata respinta con forza da diversi vescovi, tra cui la voce autorevole dell’arcivescovo metropolita di San Francisco, mons. Salvatore Cordileone, che ha ribadito: “Il nostro obiettivo deve essere sempre la salvezza delle anime, sia quella della persona errante che della più ampia comunità cattolica”. E l’arcivescovo metropolita di Denver, mons. Samuel Aquila, ha affrontato la questione sulla rivista dei gesuiti America, sostenendo che la Chiesa “deve essere disposta a sfidare i cattolici che persistono nel peccato grave”.

Ricordiamo al riguardo la Nota riservata dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede, quando si discuteva dello stesso argomento nel caso del candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry: dove si legge che aborto e eutanasia sono “peccati gravi” e un vescovo dovrebbe incontrare chi vota e sostiene “leggi permissive” per informarlo che “non si deve presentare per la Santa Comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’eucaristia”. Allora, sotto spinta dell’allora cardinale Eugene McCarrick, la Conferenza Episcopale Americana decise di ignorare la lettera del cardinal Ratzinger e di affidare la decisione ad ogni singolo vescovo per la sua diocesi.

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