Benozzo Gozzoli

L’intero soggiorno montefalchese di Benozzo Gozzoli venne inspiegabilmente ignorato da Giorgio Vasari nella seconda edizione delle sue Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani da Cimabue, insino a’ tempi nostri, pubblicate nel 1568. Ciò, sebbene gli affreschi absidali con storie di san Francesco conservati nell’omonima chiesa cittadina, oggi sede del Museo Civico di Montefalco, possano considerarsi uno dei più importanti cicli pittorici rinascimentali dell’Italia centrale. Non conosciamo le ragioni di questa volontaria omissione, come non conosciamo la reale motivazione per la quale Vasari scelse per lui il nome Gozzoli, totalmente assente in qualsiasi documento storico riguardante il pittore fiorentino.
Sappiamo però con certezza che Benozzo, nato a Firenze da Lese di Sandro nel 1420, si trovò a lavorare al fianco del Ghiberti per la seconda porta del Battistero fiorentino già dal 1444, respirando dunque dall’inizio quell’aria di novità che la bronzea prospettiva ghibertiana stava apportando all’arte del tempo. Si trova successivamente documentato il nome di Benozzo nei più importanti cantieri dell’epoca riferiti al Beato Angelico come la cappella Niccolina in Vaticano, il convento di San Marco a Firenze e la cappella di San Brizio ad Orvieto.
La sua qualifica di aiuto di bottega, seppure probabilmente lusinghiera all’inizio, dato il prestigio delle commissioni, produsse nel Gozzoli quasi certamente un senso di consapevolezza delle proprie qualità tanto da poter accettare, senza indugio, la proposta di un lavoro, che avrebbe portato la sua firma, seppure in un piccolo borgo umbro come Montefalco.
A chiamare per primo Benozzo in città fu fra’ Antonio dell’Ordine francescano degli Osservanti, per lunghi anni vicino ai vertici della Chiesa sia con Niccolò V che con Callisto III e destinato a salire al grado più alto della gerarchia della sua famiglia francescana. Fra’ Antonio conobbe Benozzo durante i suoi anni di lavoro nelle decorazioni in Vaticano e, apprezzatene le doti, se ne garantì la presenza a Montefalco nel 1450, incaricando all’artista la realizzazione di opere sia su tavola che ad affresco per la chiesa di San Fortunato.
Questi lavori dovettero evidentemente incontrare il gusto di fra’ Jacopo da Montefalco, guardiano del “rivale” convento infra portas dei Minori Conventuali, se, due anni dopo, Benozzo venne chiamato a lavorare per la detta chiesa cittadina di San Francesco. I rapporti tra l’autorevole Osservante e il colto fra’ Jacopo non furono, dunque, in questa occasione, improntati a contenzioso, poiché Benozzo passò senza scosse a lavorare da una chiesa all’altra. Va tuttavia detto che i risultati a cui il pittore giunse furono profondamente diversi, poiché diverso fu il messaggio che i due committenti gli suggerirono. Chiamato in questo caso ad illustrare la vita di San Francesco, il Gozzoli utilizzò la grande lezione del modello giottesco assisiate nell’organizzazione compositiva e delle sequenze narrative, ma ne arricchì la forma attraverso uno spiccato senso aneddotico, probabilmente caldeggiato dallo stesso frate Jacopo, guida intellettuale dell’intero ciclo.
Questo testo di Andrea Morandi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it