Ascoli Piceno: il passato che riaffiora

Planando sull’antico Picenum, regio romana corrispondente alle attuali Marche meridionali, che diede i natali ai generali Pompeo Magno e Ventidio Basso. La visuale si estende sul verde delle colline lussureggianti incorniciate dagli Appennini e si sposta verso valle, abbracciando il fiume Tronto fino a stringersi sul luogo che, per secoli, signoreggiò questo territorio: Ascoli, la città delle cento torri.
Le origini
Già ricordata da Strabone e da Plinio nella Naturalis Historia, il primo nucleo cittadino fu anticamente fondato da un gruppo di Sabini durante un ver sacrum.
In primavera, infatti, le popolazioni italiche si spostavano guidate da un animale sacro alla ricerca di nuove terre ed un picchio condusse la migrazione nel punto in cui oggi sorge la città e probabilmente le conferì proprio l’appellativo di “Piceno”.
Federata di Roma, Ascoli beneficiò della posizione sulla Via Salaria, che vi si immette attraverso Porta Gemina e, in età imperiale, fu il centro principale del Picenum.
Tutt’oggi conserva numerose testimonianze del passato romano, dal Ponte di Solestà ai resti del Teatro e di due antichi templi inglobati nelle chiese di San Gregorio I e San Venanzio.
La Cristianità infatti prevalse progressivamente sulle tenebre. A partire dalla fine dal II secolo è testimoniata la presenza di una comunità vittima delle persecuzioni di Antonino Pio, ma la maggior opera di evangelizzazione fu svolta dal primo vescovo, consacrato ed inviato da papa Marcellino agli inizi del IV secolo, Sant’Emidio.
Sant’Emidio
Il giovane pastore compì miracolose guarigioni e convertì migliaia di Romani. Narra l’agiografia che, costretto a sacrificare agli dei «falsi e bugiardi», fece crollare il tempio in cui si trovava; ancora, arrivato ad Ascoli toccò le mura cittadine ed un rovinoso terremoto rase al suolo solo i templi pagani.
Per questo motivo, il martire viene invocato contro gli eventi sismici. Nel 1703 una violenta scossa sconvolse le Marche, ma risparmiò gli ascolani protetti dal loro Patrono, in onore del quale fu eretta una chiesa attorno alla grotta dove il martire era spirato e dove fu rinvenuto il suo sepolcro.
Anche negli scorsi mesi, la terra è tornata a tremare nel Centro Italia, sfigurando la provincia ascolana; la stessa città, percorsa dalle scosse, si è ritrovata danneggiata e ferita, ma il patrimonio di bellezze uniche che offre, sopravvive. Lesionati ma salvi diversi monumenti, abitazioni e chiese, tra cui quella dedicata a Maria nel rione di Porta Cartara e quella consacrata a Sant’Angelo Magno, testimone del passato longobardo.
Ascoli divenne infatti parte del ducato di Spoleto e poi possedimento carolingio, governato da Vescovi-conti che intorno al 1140 furono insigniti della dignità di principi.
La città ottenne il diritto di battere moneta e fu sapientemente retta da uomini di Chiesa, che calibrarono la gestione del potere temporale e spirituale, facendo fiorire l’economia e animando il fervore religioso.
Nel 1096, il Vescovo accese gli animi predicando la Prima Crociata. Appello accolto dal nobile Argillano, che si pose alla testa di un contingente di 1400 uomini, ricordato anche da Tasso nella Gerusalemme Liberata per l’eroismo guerriero e le virtù devote: «Costui pronto di mani, di lingua ardito, impetuoso e fervido d’ingegno, nacque in riva del Tronto» e «i colli e ‘l lito empié di sangue e depredò quel regno» (VIII, 58), donando la vita per la presa della Città Santa.
Il cuore, Piazza del Popolo
Nel frattempo, le famiglie nobili iniziarono la costruzione delle numerose case-torri in parte ancora conservate, simbolo del potere delle diverse casate. Qquesto fu il primo passo per le lotte civili che insanguinarono tutti i liberi Comuni italiani nel Medioevo.
Stringendo la visuale sulla pittoresca piazza centrale in travertino, che reca l’eloquente nome di Piazza del Popolo, ci si trova infatti circondati dagli edifici che riassumono la storia ed il cuore della città medievale e moderna. Il Palazzo del Popolo, sede degli organi di governo comunali, che resistettero alle mire dei signori locali dal 1183 al XIV secolo, oggi accesso al sorprendente museo archeologico sotterraneo, e la chiesa di San Francesco, edificata a seguito della visita del Poverello di Assisi alla città nel 1215 e testimone della vitalità spirituale che l’evento suscitò.
Negli stessi anni Federico II, dopo aver ricondotto Ascoli all’obbedienza imperiale, ne inaugurò la fiorente stagione marinara, concedendo un porto fortificato, privilegio confermato da Giovanni XXIII nel 1323 assieme all’alleanza commerciale con Venezia.
L’intensificarsi della vita urbana e mercantile fu però anche all’origine delle storiche ostilità con la limitrofa Fermo, che perdureranno oltre due secoli con alterne fortune e più volte placate grazie all’intervento dei legati pontifici.
Ascoli rientrava infatti, a partire dal XII secolo, nella sfera d’influenza del Patrimonium Sancti Petri e fu inserita nella Marca Anconitana a seguito della ripartizione in province del cardinale Albornoz, nel 1357.
Durante l’Umanesimo visse appieno il rinnovamento culturale e diede alla Storia personaggi come Enoch d’Ascoli, precettore dei Medici e docente nello Studium di Perugia, e Antonio Bonfini di Patrignone, erudito e protagonista del Rinascimento ungherese.
Vennero realizzate straordinarie opere urbanistiche, ancora visibili percorrendo le strade del centro, dove domina il travertino istoriato con centinaia di citazioni latine e motti popolari, che ben si coniugano con il successivo stile barocco.
La discesa dei francesi post-rivoluzionari venne contrastata dai cittadini, che dovettero però cedere alle armi nemiche; ricostituitosi lo Stato Pontificio, fu retta dal cardinal Giovanni Archetti, il celebre nunzio presso Caterina II di Russia.
La tradizione continua…
Dopo l’annessione al Regno d’Italia, Ascoli non perse la propria vivacità culturale.
Una città da continuare a visitare, terra di arte e bellezza, ricca di passato e tradizioni, attaccata alla propria fede ed alla propria identità cristiana. Da vivere nella sua ricchezza di saperi e sapori, dalle famose olive all’“anicetta con la mosca” servita nello storico Caffè Meletti, che ospitò protagonisti del Novecento quali Pietro Mascagni, Ernest Hemingway, Renato Guttuso: testimonianza viva del suo ruolo di crocevia di uomini, storia e pensiero.