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Arte e prudenza

Teologia Morale15 Novembre 2022
Testo dell'audio

Da quanto detto  nello scorso podcast, possiamo vedere che una conoscenza pratica è tanto più perfettamente pratica quanto più si riferisce a  un oggetto concreto, vale a dire preso nella sua realtà esistenziale, con tutte le circostanze che lo definiscono come dato singolo. La scienza più pratica è quindi anche la più sintetica. Ricordiamo che per “sintesi” si intende quel metodo che procede dal semplice (principi astratti) per arrivare al complesso (caso particolare).

Da ciò consegue che le scienze speculativamente pratiche che si attengono, per il loro modo di conoscere, a un grado di astrazione ancora assai elevato, non possono significare che una sorta di arresto provvisorio imposto al moto normale dell’intelligenza pratica, che, di per sé, tende al concreto interamente determinato. Del resto ciò è quanto il senso comune riconosce spontaneamente, rifiutando nell’ordine pratico i giudizi teorici, poiché sente che un giudizio deve tener conto, per regolare validamente l’azione, di tutti i fattori che entrano nella realtà esistenziale. È questo un eccesso che tenderebbe a rendere impossibile non solo ogni filosofia morale ma anche ogni scienza morale praticamente pratica. Tuttavia la diffidenza, manifestata in tal modo, parte da un sentimento giusto delle esigenze di una conoscenza pratica. Questa, infatti, non si compie, secondo la sua propria perfezione, che nell’arte e nella prudenza. Nell’esempio che abbiamo fatto l’ultima volta del nostro amico che fa pulizie in un ospedale dove si pratica l’aborto, abbiamo rilevato che non sarebbe stato sufficiente fermarsi semplicemente alla conoscenza se sia o meno lecito preservare il lavoro, ma serviva calarsi nella concreta realtà che vive il tale per poter effettivamente decidere se mantenere il lavoro o meno.

 

LE VIRTÙ OPERATIVE – Ora, poiché il sapere autenticamente pratico si definisce in relazione all’operabile, esso avrà il suo stato di perfezione soltanto nel modo di conoscenza che si esercita immediatamente sul singolare perché solo il singolare è operabile. Sempre nell’esempio del nostro operatore sanitario, fermandoci semplicemente al “sapere” se il tale dovesse o meno lasciare il proprio lavoro, siamo giunti alla conclusione che poteva egualmente decidere di rimanere o andarsene, ma è chiaro che, quando si passa alla determinazione di agire nella circostanza concreta, solo una sarà la scelta che farà il tale: o manterrà il lavoro o si licenzierà, non può fare le due cose contemporaneamente. 

 

Ma andiamo oltre. La scienza, anche praticamente pratica, conserva una certa generalità: essa regola l’azione da vicino, ma senza andare fino all’individualità perfetta, poiché concerne i mezzi non assolutamente immediati dell’operazione. Quando il singolare è in questione, non può più trattarsi di scienza, ma soltanto d’arte o di prudenza, vale a dire di virtù operative il cui ufficio non è più di conoscere, ma puramente e semplicemente di dirigere l’azione nel campo del contingente, determinando razionalmente sia la cosa da fare (arte), sia l’atto morale da compiere (prudenza o saggezza pratica).

 

NATURA DELLA PRUDENZA – L’arte e la prudenza si riferiscono dunque ad un operabile considerato immediatamente in quanto tale. Ma l’arte (medicina, arti propriamente dette, tecniche varie), col fornire regole immediatamente applicabili e applicandole ai casi singoli, si limita a far giudicare ciò che conviene o no di produrre: non può determinare il volere. Al contrario, la prudenza applica ai casi singoli della vita morale le regole della scienza morale, al tempo stesso determinando un giudizio sull’atto da produrre e spingendo il volere ad agire conformemente a questo giudizio. Così la prudenza, ove l’intelligenza si fa discepola dell’amore, è, essa sola, assolutamente pratica.

 

IL GIUDIZIO PRUDENZIALE – La prudenza, come l’arte, è una virtù intellettuale (habitus) e, a questo titolo, essa dice sempre il vero nella misura in cui il suo giudizio procede dalla retta volontà. Il giudizio prudenziale,  se procede da una volontà bene orientata, può indubbiamente errare dal punto di vista speculativo, ma non quanto alla direzione da imporre all’azione.

Forse si potrebbe ritenere che così ci si trovi di fronte a un circolo vizioso, in quanto la prudenza è incaricata di assicurare il retto orientamento del volere e questo di garantire la rettitudine del giudizio prudenziale. Ma non è così, poiché la retta direzione della volontà concerne i fini di questa, vale a dire la conformità del volere alla legge oggettiva universale che gli viene manifestata con il giudizio speculativo pratico, – mentre il giudizio prudenziale  è relativo ai mezzi da mettere in opera in un dato caso concreto.

 

Il pensiero di PASCAL «La morale e il linguaggio sono scienze particolari, ma universali» va nello stesso senso delle osservazioni precedenti. PASCAL osserva giustamente che la morale è una «scienza particolare», in quanto essa non può compiersi che nella azione regolatrice dell’attività concreta, ma ch’essa non cessa di essere «universale», in quanto le spetta, a titolo di scienza, di dirigere l’attività morale in funzione delle norme supreme della condotta. Il linguaggio presenta qualche cosa di analogo: è una «scienza universale», in quanto i termini di cui si serve (i concetti) sono nozioni generali; ma è anche una «scienza particolare», poiché deve costantemente esprimere, con questi termini universali, situazioni, esperienze e cose concrete.

 

Riprendiamo ora il nostro esempio dell’operatore sanitario e applichiamo quanto abbiamo sin qui detto su scienza formalmente speculativa, scienza speculativamente pratica, scienza praticamente pratica, arte e prudenza. Finora nel nostro esempio ci eravamo soffermati solo sul ruolo della scienza praticamente pratica (casistica) e sulla prudenza. Proviamo a percorrere tutte le tappe, a partire dal semplice astratto per arrivare al complesso caso particolare. La scienza speculativa per eccellenza è la metafisica, che è lo studio del reale, non necessariamente sensibile (cioè lo studio di oggetti che non necessariamente cadono sotto i nostri sensi). Tale scienza fa astrazione da qualsiasi caso particolare e parte da un principio generalissimo e astratto che è il principio di non contraddizione: una cosa non può essere e non essere nel medesimo tempo. A questo stadio del ragionamento uno potrebbe pensare: cosa c’entra con il nostro operatore sanitario? Ci arriviamo pian piano. La trasposizione, in ambito morale del principio di non contraddizione (tratto dall’ambito logico-metafisico), è il primo principio della morale per il quale laddove c’è bene non c’è male e viceversa o, detto in altri termini, “bisogna fare il bene ed evitare il male”. Ora, dall’analisi della natura umana, per quanto abbiamo detto negli appuntamenti scorsi, deriva che la vita è un bene e che perciò deve essere tutelata come tale. Ma da questo deriva necessariamente che qualunque cosa attenti a questo bene, è un male e perciò, secondo il principio generale, da evitarsi sempre. Caliamoci ora un po’ più nel particolare e arriviamo all’atto che, per eccellenza, attenta la vita umana innocente: l’aborto. Per quanto detto, esso è un male e dunque da evitare. Attenzione, con questi ultimi passaggi siamo passati da un sapere puramente speculativo, ad uno speculativamente pratico, perché miriamo a “conoscere”, seppur astrattamente e fuori da casi concreti, la rettitudine di un atto concreto, quello abortivo. Da qui, passiamo alla casistica, come scienza praticamente pratica, nella quale prendiamo in considerazione il caso singolo del nostro amico che fa pulizie nei locali dove vengono effettuati aborti. Tramite il concetto di cooperazione al male eravamo giunti alla conclusione che il grado di cooperazione in questo caso è bassissimo, però è pur sempre presente. Dunque colui che fa pulizie nella sala operatoria abortiva, può egualmente lasciare o preservare il proprio lavoro – in quanto necessita dello stipendio per il sostentamento personale e famigliare – ma è cosa buona adoperarsi nel frattempo per cercare un altro lavoro e lasciare questo quando si sia trovato un mestiere totalmente immune dal male morale. A questo punto entra in gioco il singolarissimo caso del nostro amico, per cui egli dovrà decidere razionalmente e praticamente cosa fare (arte), mettendo in campo la virtù della prudenza, che gli dirà qual è il mezzo più opportuno per conseguire il bene in questo caso specifico.

 

Con il prossimo podcast, inizieremo a parlare della morale come sapere filosofico.

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