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Arezzo, microcosmo della civiltà italiana

Tesori d'Italia20 Marzo 2019
Testo dell'audio

Si chiama “Uomo dell’Olmo” il più antico abitante della zona di Arezzo. O, almeno, il più antico da noi conosciuto: risale al Paleolitico e fu rinvenuto nel 1863 nei pressi della frazione dell’Olmo durante i lavori di costruzione della linea ferroviaria Roma-Firenze.

Villaggio paleolitico, poi città etrusca e quindi romana

Abitata prima dell’insediamento degli Etruschi, essendo un passaggio naturale per chi voglia attraversare l’Appennino (sono rinvenute tracce di un’antichissima cinta muraria sotto le successive mura romane), la città si sviluppò nel periodo etrusco con il nome Arretium fin dal IX secolo a.C., diventando una delle principali del tempo e molto probabilmente sede di una delle dodici lucumonie (la principale testimonianza artistica di quel periodo è la Chimera, uno dei simboli cittadini).

Divenuta romana nel III secolo avanti Cristo, Armo fu un bastione difensivo del nascituro impero (ad esempio contro le invasioni dei Galli), anche se cercò, alleandosi prima con Mario e poi con Pompeo, di riconquistare l’indipendenza nel corso delle guerre civili della Roma repubblicana. Silla e Cesare si vendicarono facendone una colonia per i loro veterani, il che accelerò la cancellazione delle residue tracce della cultura etrusca.

Ricca e prospera, la città vide sorgere numerosi stabilimenti pubblici, come il teatro, le terme, ed un anfiteatro di notevoli dimensioni giunto fino ai nostri giorni. Aretino fu Gaio Cilnio Mecenate, il più grande promotore della cultura dell’antichità, grazie al quale Orazio e Virgilio poterono dedicarsi alla poesia, liberi dalle preoccupazioni del quotidiano sostentamento.

Arezzo nel Medioevo: comune indipendente

Al crollo dell’Impero, il più alto potere locale fu quello del vescovo, che fu il primo in Italia a fregiarsi del titolo di “conte”. Sotto la sua protezione in città si sviluppò l’architettura ecclesiastica e nel contado aretino sorse un folto numero di abbazie, che contribuirono a ricostruire un sistema di scambi e ad agevolare la rinascita culturale.

Verso l’anno Mille nella città toscana nacque Guido, futuro monaco, noto in tutto il mondo come Guido d’Arezzo, inventore della notazione musicale. Sempre il Medioevo vide nascere ad Arezzo altre grandi figure della cultura, da Guittone d’Arezzo a Francesco Petrarca.

A fianco del vescovo, che risiedeva fuori dalla città sull’altura del Pionta e che rappresentava il potere feudale, si affiancò il potere cittadino, con un console. Arezzo fu al centro delle lotte che portarono al Concordato di Worms (1122), che segnò la fine delle controversie tra Impero e Papato e all’abolizione dei vescovi-conti.

La battaglia di Campaldino, scontro tra guelfi e ghibellini

Una data segna la storia di Arezzo nel Medioevo: il 1289, l’anno della Battaglia di Campaldino, che vide la sconfitta della potenza ghibellina di Arezzo ad opera delle armate guelfe senesi e fiorentine, nelle cui file militò Dante Alighieri.

La città venne allora governata dai Tarlati di Pietramala, il cui principale esponente fu Guido, capace, tra l’altro, di pone fine alle lotte tra fazioni, tanto feroci che a suo tempo san Francesco si era rifiutato di entrare in città (immaginandola “infestata dai diavoli”, come descrive Giotto negli affreschi della Basilica Superiore di Assisi).

Alla morte di Guido Tarlati (1327) le dispute interne risorsero: i ghibellini espulsi assoldarono addirittura l’esercito francese – in marcia verso il regno di Napoli – per conquistare la città, ma essa finì in mano del miglior pagatore, vale a dire Firenze. Ma non tutto venne per nuocere, se la dominazione fiorentina produsse capolavori come il ciclo sulla Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca.

Epoca moderna: sotto Firenze

Il Cinquecento è per Mezzo il secolo dei tentativi di sollevazione contro Firenze, della peste (cui seguì una carestia che mise in ginocchio l’economia aretina) e del definitivo inserimento nel Granducato di Toscana.

Cosimo I de’ Medici attuò ad Arezzo un piano di ristrutturazione urbanistica a scopi difensivi: il perimetro della cinta muraria fu ridotto e con esso il numero delle porte, la fortezza fu ricostruita e ampliata, la cattedrale fu completata, furono abbattuti alcuni storici edifici, tra cui l’antico palazzo comunale e il palazzo del capitano del popolo, per fare spazio alle Logge dovute a Giorgio Vasari.

Durante gli imponenti lavori vennero rinvenute le celebri statue di bronzo della Minerva e della Chimera di Arezzo. Il periodo del Granducato Mediceo a partire dalla seconda metà del Cinquecento vide però, in tutta la Toscana, un lento ma inesorabile decadimento economico e culturale accompagnato da decremento demografico, che si invertì solo nel Settecento, al tempo di Pietro Leopoldo di Lorena, quando venne portata a termine la bonifica della Val di Chiana.

Anche Arezzo dovette subire le conseguenze della Rivoluzione Francese: nel 1796 cominciò una campa-gna militare di invasione dell’Italia da parte dei francesi. La Toscana si dichiarò neutrale e, a prezzo di un ingente riscatto, comprò la sua indipendenza. Ma nel 1799 il Granducato fu comunque sottomesso: proprio Arezzo fu allora il centro del movimento del “Viva Maria”, una delle principali insorgenze controrivoluzionarie avvenute in quegli anni in Italia ovunque si presentassero i soldati francesi.

Nominata capoluogo di provincia per la sua fedeltà ai Lorena durante la Restaurazione, Arezzo rimase tale anche con l’ingresso nel Regno d’Italia, tornando ad essere importante nodo delle vie di comunicazione fra Roma e Firenze.

 

Questo testo di Gianandrea de Antonellis è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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