L’altare

Di non minore importanza – per compiere un atto tanto sacro come il Sacrificio – è la scelta di un luogo consacrato: tale luogo destinato al sacrificio si chiama altare. Dove s’incrociano il Sacrificio e il Sacerdozio, lì appare sempre l’altare. “Non si fa un altare se non per offrire a Dio un Sacrificio”, scrive il santo vescovo Fulgenzio. “Dio non accetta da nessuno il Sacrificio se non dai Suoi sacerdoti”, insegna il santo martire Giustino (nella foto).
Da quanto detto finora, risulta chiaro che il Sacrificio è il più nobile e il più perfetto atto di venerazione a Dio e perciò sovrasta tutte le altre forme di culto; esso costituisce il vertice ed è il punto più luminoso di tutta la liturgia. Su questo sono tutti concordi: offrendo il Sacrificio, l’uomo dimostra a Dio la più grande riverenza e omaggio che Gli si possa rendere. La più perfetta espressione dell’intima adorazione della divina Maestà si manifesta proprio nel Sacrificio. Il Sacrificio è essenzialmente un atto di adorazione ed esprime perciò sempre la fede nella divinità di Colui per Cui viene offerto; tra tutti gli atti di culto, questo spetta esclusivamente a Dio: dev’essere offerto solamente all’uno e vero Dio. Sarebbe un culto sacrilego e idolatrico offrirlo ad una creatura, fosse anche il più grande santo o il più sublime degli angeli.
Sin dai tempi più remoti, dunque, venivano offerti sacrifici a Dio per riconoscere pienamente e in maniera solenne il Suo dominio, ringraziarLo per la Sua benevolenza, chiederGli nuove grazie ed, in particolare, per prevenire il flagello dei Suoi castighi.