Alessio, il santo mendicante

Il Martirologio Romano definisce Sant’Alessio «un uomo di Dio, che lasciò una casa ricca per diventare povero e mendicare in incognito l’elemosina».
La vita di questo santo, che ha ispirato l’arte, la letteratura e la fantasia popolare, è avvolta nel mistero. Vi sono tre racconti che narrano le sue vicende: la leggenda siriaca, la leggenda greca e la leggenda latina. Di certo si sa solo che Alessio visse intorno al V secolo e che a lui è stata dedicata la celebre basilica situata sul Colle Aventino, a Roma.
La leggenda siriaca
Il primo racconto sulla vita di sant’Alessio a essere stato composto, nel V secolo, è la cosiddetta leggenda siriaca, che narra di un giovane e ricco abitante di Costantinopoli, il quale la sera delle nozze si era allontanato di nascosto imbarcandosi per l’Oriente.
Giunto ad Edessa, in Siria, si mise a chiedere l’elemosina davanti ad una chiesa. Ciò che raccoglieva di giorno lo distribuiva di sera ai poveri della città. Dopo 17 anni, sentendosi morire, il giovane mendicante, talmente tanto lacero ed emaciato che persone incaricate dal padre di ritrovarlo non seppero riconoscerlo, rivelò la sua vera identità al sacrestano della chiesa. Il quale una mattina lo trovò morto sul sagrato. Il vescovo del posto, saputa la vicenda, volle esumare il corpo del santo dalla fossa comune, ma trovò soltanto le misere vesti.
La leggenda greca
Nel IX secolo compare una leggenda greca, che per prima ha dato un nome al giovane mendicante, Alessio. Alessio nacque a Roma e morì, il 17 luglio, al tempo degli Imperatori Arcadio e Onorio.
Secondo la leggenda, dopo un colloquio chiarificatore con la sua futura sposa, abbandonò la casa paterna per andarsene ramingo per il mondo, vestito di saio e dedito alla penitenza e all’elemosina. Un’icona della Vergine Maria nella chiesa di Edessa (oggi venerata nella basilica di Sant’Alessio sull’Aventino) ordinò al sacrestano di far entrare in chiesa quel mendicante, che doveva considerarsi un santo. La notizia si diffuse e il popolo iniziò a venerarlo.
Ma Alessio, cui non piacevano gli onori, fuggì alla volta di Tarso. Tuttavia, i venti fecero approdare l’imbarcazione su cui era salito ad Ostia. Interpretando il fatto come un segno della volontà divina, Alessio decise di farsi ospitare come un povero straniero proprio nella casa paterna, a Roma. Il padre, senza riconoscerlo, lo accolse benevolmente nella sua abitazione, dove Alessio visse per 17 anni, dormendo in un sottoscala.
Svolgeva i lavori più umili, viveva della carità dei genitori e beveva l’acqua di un vicino pozzo, che ancora oggi si trova in piena efficienza nel cortile della chiesa. Quando sentì che la sua fine era vicina, il santo mendicante scrisse le vicende della sua vita su un rotolo.
Quando morì, le campane di Roma suonarono a festa, nel palazzo si sparsero paradisiaci effluvi e fu udita una voce divina che diceva: “Cercate l’uomo di Dio affinché preghi per Roma”. Così fu scoperto il corpo di Alessio, con il rotolo ancora in mano, che solo gli Imperatori Arcadio e Onorio riuscirono a sfilarglielo e leggere.
La leggenda latina
La leggenda latina risale al X secolo e fu composta in ambito monastico. L’arcivescovo metropolita di Damasco, infatti, scappando dall’invasione islamica della sua terra, trovò rifugio presso la Chiesa di San Bonifacio, sull’Aventino. Qui fondò una comunità monastica mista, dove i greci osservavano la Regola di San Basilio e i latini quella di San Benedetto.
Proprio all’interno di questa comunità si rielaborò la leggenda greca di sant’Alessio. Il nuovo racconto apportò alcune differenze rispetto alla versione greca: la chiesa dove Alessio si sarebbe dovuto sposare divenne la stessa basilica dove poi sarebbe stato sepolto; la mancata sposa, che la sera prima delle nozze accettò di vivere in castità, si chiamò Adriatica; il rotolo con scritta la vita di Alessio gli fu tolta di mano dal Papa Innocenzo I, alla presenza dei genitori che finalmente seppero che quel mendicante in abiti da pellegrino, vissuto in casa loro, era in realtà l’amato figlio.
La venerazione
Il ricordo delle vicende di sant’Alessio ne ha mantenuto vivo il culto per secoli. La sua storia fu affrescata sui muri della Basilica di San Clemente, musicata dai menestrelli e messa in versi dai poeti.
Nel 1217, Papa Onorio III dedicò la Basilica di San Bonifacio anche al leggendario Sant’Alessio. Nella chiesa c’è ancora un frammento della scala sotto cui il santo dormiva. Nella Chiesa d’Occidente la sua festa è celebrata il 17 luglio, mentre in quella orientale il 17 marzo. Il 17 è un numero ricorrente nella vita del santo: per 17 anni visse a Edessa e per altri 17 a Roma, nella casa paterna.
La chiesa omonima, sull’Aventino, continua ad essere scelta da molte coppie di sposi per la celebrazione del loro matrimonio.
Questo testo di Federico Catani è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it